“Il disastro dell’Asia Minore e le strategie imperialistiche nel Mediterraneo Orientale” di Dido Sotiriu (ETPbooks)

Di Rudy Caparrini

26 Febbraio 2024

Un volume composto da una serie di saggi brevi, pubblicato dalla casa editrice ETPbooks, scritti molti anni fa dalla nota giornalista e scrittrice Dido Sotiriu (nata ad Aydini, nell’Asia Minore, nel 1909, e morta ad Atene nel 2004), autrice del famosissimo romanzo “Addio Anatolia”. Un testo assai utile per capire la pagina più nera dell’intera Storia Contemporanea della Grecia: la pesante sconfitta nella guerra greco-turca (1919-2022) e la conseguente “Catastrofe” da cui ne scaturì la fine della presenza ellenica in Asia Minore, risalente all’antichità. Oltre 1,2 milioni di greci residenti in Anatolia furono costretti a lasciare la terra natia a seguito dello scambio di popolazioni deciso dal Trattato di Losanna del 1923, che decise anche il trasferimento di mezzo milione di turchi residenti in Grecia.

Dal testo si evince la grande amarezza di una profuga, ferita profondamente dal tradimento delle grandi potenze dell’epoca (Gran Bretagna, Francia, Italia e Stati Uniti) che prima indussero la Grecia di Eleftherios Venizelos ad occupare Smirne e a intraprendere la campagna militare in Asia Minore, salvo poi abbandonare Atene, per interessi geopolitici ed economici nel Vicino Oriente, a favore della neonata Repubblica di Turchia e del suo abile condottiero Mustafa Kemal.

Una ricostruzione minuziosa degli avvenimenti con citazioni approfondite di fonti storiche e giornalistiche. Pur se appare evidente un suo comprensibile coinvolgimento, l’autrice riesce comunque a mantenere sempre il filo della narrazione degli eventi, ben esposti sotto il profilo cronologico. Le pagine scorrono veloci, incutendo nel lettore curiosità e desiderio di sfogliare il capitolo successivo per sapere come si svilupperanno i fatti. Come detto, il motivo dominante di tutti i saggi è il biasimo verso le potenze vincitrici della Prima Guerra Mondiale, che usarono la Grecia in modo strumentale per i propri scopi. In ogni caso non mancano forti critiche anche ai leader che guidarono la Nazione Ellenica in tale drammatico frangente: Venizelos e i suoi antagonisti (“Antivenizelisti” filo-monarchici), coloro che emersero vincitori dalle elezioni del Novembre 1920 e che, dopo avere sostenuto il ritorno del Re Costantino, decisero di intensificare la campagna in Asia Minore e di marciare verso Ankara, perché convinti di sconfiggere in modo definitivo Kemal. Le cose andarono ben diversamente da quanto auspicato dai greci: l’esercito ellenico fu sconfitto e non fu in grado di evitare la tragedia del saccheggio di Smirne, che avvenne il 9 Settembre 1922.

Molto prezioso anche il lavoro del curatore Cristiano Luciani, docente di letteratura Lingua e Letteratura Neogreca-Università di Roma “Tor Vergata”, autore delle molte note a piè di pagina descrittive dei principali protagonisti degli eventi che hanno lasciato una traccia indelebile nella Storia della Grecia Contemporanea. Interessanti anche i documenti inseriti in appendice, opera di giornalisti e studiosi, utili per capire il contesto storico nel quale venne a determinarsi la “Catastrofe”.

Volendo cercare un limite a un lavoro comunque di alto livello, si può rilevare una eccessiva impronta ideologica nella descrizione degli eventi. Didò Sotiriu, militante di sinistra, stigmatizza in profondità soltanto le responsabilità delle potenze occidentali, mostrando invece una certa indulgenza verso l’Unione Sovietica, che pure ha le sue responsabilità nell’avere lasciato alla sua amara sorte la Nazione Ellenica per sostenere la Turchia di Kemal.

Nel complesso, tuttavia, il libro si rivela uno strumento prezioso e consigliabile per chiunque voglia approfondire una materia che ancora oggi richiede di essere esaminata, un periodo tragico ma altresì fondamentale per capire come si è sviluppata la Storia della Grecia nel XX Secolo.

Mediterraneo, occasione per il rilancio dell’Unione Europea

Mediterraneo

Di Rudy Caparrini
Il premier Matteo Renzi, intervenendo alla conferenza degli Ambasciatori d’Italia che si è tenuta nei giorni scorsi alla Farnesina, ha ribadito che il Mediterraneo è il fulcro della politica estera del nostro Paese, affermando anche che “dobbiamo spiegare all’Europa perché è centrale, perché è necessario investire sul Mediterraneo”.
In effetti, il Mare Nostrum, piuttosto che essere un problema, può davvero offrire un ‘occasione di rilancio per un’Unione Europea che è in crisi profonda ormai da dieci anni, esattamente dal mese di maggio 2005, quando si verificò la doppia vittoria del “no” nei referendum in Francia e Olanda sul testo di Costituzione Europea redatto dalla Convenzione guidata da Valery Giscard d’Estaing.
Per provare a salvare la costruzione europea, i capi dei governi devono agire in modo da conciliare due esigenze talvolta divergenti: mantenere un alto profilo politico e strategico, che guardi al futuro oltre che al presente; ottenere un successo immediato in materie chiave, che toccano da vicino gli interessi della gente. La coesistenza di questi due obiettivi non è semplice, ma neppure impossibile.
Dal punto di vista strategico, il Consiglio Europeo (l’organo costituito dai capi di stato e di governo dei Paesi membri della UE) potrebbe finalmente riuscire ad adottare una vera Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC) facendo del Mediterraneo la sua priorità. Se riuscisse ad agire in modo coeso, la UE potrebbe divenire l’attore principale in quella che oggi è una delle aree di maggiore tensione della politica internazionale, acquisendo un prestigio e un peso diplomatico di grande spessore. L’Unione Europea deve mostrare capacità di iniziativa assumendo un ruolo di primo piano, ergendosi a interlocutore primario con quei Paesi della sponda meridionale del Mare Nostrum che devono fronteggiare la minaccia del terrorismo di matrice islamica. La UE non può pensare che, come accaduto troppe volte in passato, siano gli USA (o la NATO) ad intervenire per risolvere situazioni di crisi in Europa. La leadership nel Mediterraneo compete alla UE e i leader europei devono avere il coraggio di agire da protagonisti.
L’adozione di una politica comune della UE nel Mediterraneo sarebbe senza dubbio funzionale per trattare con maggiore efficacia temi di grandi interesse per i cittadini, quali la sicurezza e l’immigrazione. L’Unione Europea dovrebbe promuovere, insieme ai paesi della sponda meridionale del Mare Nostrum, la costituzione di una struttura di polizia internazionale in grado di lottare contro il terrorismo ma anche di prevenire sbarchi massicci di immigrati sulle coste europee (Italia in primis). In tal maniera, il cittadino comune potrebbe finalmente pensare che la UE è davvero utile, perché può risolvere i problemi quotidiani.
La capacità di gestire la delicata situazione che vive oggi il Mediterraneo rappresenta un vero esame di maturità per l’Unione Europea, giunta a un bivio in cui deve scegliere se intraprendere una strada che le consenta di divenire un soggetto rilevante della politica internazionale oppure rimanere una grande incompiuta perché incapace di avere una sua visione strategica. La UE deve svelare quella che sarà la sua vera natura nei prossimi anni: essere una realtà con un’anima politica oppure rimanere un carrozzone formato da burocrati super pagati per svolgere ruoli di natura tecnocratica. Come ha giustamente detto Renzi “la UE non può essere solo il luogo dei parametri economici e non può essere puramente un’unione economica”. La crisi in atto nel Mediterraneo offre alla UE l’opportunità di poter compiere quel salto di qualità verso una vera Unione politica.

Crisi Grecia: scelto il momento meno opportuno

Bandiera-grecia

Di Rudy Caparrini

Con amarezza profonda, essendo un filelleno convinto, devo rilevare che la crisi finanziaria della Grecia si complica sempre di più. Ormai il default della Repubblica Ellenica è sempre più vicino. Se non accadono colpi di scena, la Grecia dovrà dichiarare bancarotta perché non sarà in grado di restituire il denaro ricevuto dai creditori.
Non voglio avventurarmi in analisi di natura economico-finanziaria fin troppo complesse per il sottoscritto. Analisti ben più autorevoli di me hanno ormai descritto con precisione minuziosa la vicenda, spiegando i motivi che hanno condotto Atene in una situazione che ormai ha poche vie di scampo.
Voglio solo esprimere una semplice considerazione da filelleno per affermare che, senza voler esprimere bocciature o promozioni di natura politica nei confronti di nessuno, il governo di Atene ha scelto il momento peggiorare per far precipitare la situazione.
Sinceramente non comprendo perché si sia voluto far degenerare lo scontro con i creditori proprio ora che siamo nel pieno della stagione turistica. Non si poteva affrontare qualche mese prima il problema, in modo da arrivare a fine giugno con una situazione perlomeno definita, in un senso o nell’altro?
La nostra Grecia rischia di gettare al vento una occasione più unica che rara di segnare una stagione turistica da record. La stagione estiva 2015 poteva essere piena di soddisfazioni per la Repubblica Ellenica, con una situazione internazionale che ha praticamente tolto dal mercato parecchie destinazioni rivali, in primis Egitto e Tunisia. Come avevamo affermato parecchi operatori turistici, la Grecia era rimasta come la sola meta vendibile nel corto raggio per vari mercati, fra cui quello italiano, poiché la terra ellenica non presentava i rischi per la sicurezza che condizionano in modo pesante le altre destinazioni del Mediterraneo e del Mar Rosso. Con queste prospettive, tutti si aspettavano che la Grecia avrebbe accolto milioni di visitatori attratti dalle innumerevoli bellezze della Repubblica Ellenica, che ha pochi rivali al mondo quanto a patrimonio storico, artistico e naturale.
Il turismo è una fonte di reddito di inestimabile valore il bilancio dello Stato Ellenico, perciò meritava una tutela speciale che, invece, non ha avuto. E questa è una colpa grave, di cui si rischia di pagare un prezzo salato.
Forse la stagione turistica andrà ugualmente bene e quindi i timori comparsi in questi giorni si dissolveranno. Tuttavia, il governo greco doveva in ogni modo evitare di generare dubbi e timori nei potenziali turisti in un momento di alta stagione.